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Fondazioni e partiti politici

Scritto da  Vincenzo Giarmoleo

E’ ormai da tempo sotto i riflettori il fenomeno delle fondazioni “di partito”, ispirate o fondate da uomini di vertice dei partiti politici o delle loro correnti interne, e spesso da essi presiedute o dirette.

Dette fondazioni hanno, di regola, finalità culturali e di studio e possono essere destinatarie di provvidenze o finanziamenti pubblici, a vari livelli.

Ora, la forma giuridica dei partiti deve essere obbligatoriamente, in base a quanto prevede l’articolo 49 della Costituzione, quella dell’associazione: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

In particolare, secondo la dottrina, l’associazione non riconosciuta si presta, sin dall’origine, allo scopo indicato dalla norma costituzionale, che è quello di consentire ai cittadini di partecipare alle scelte politiche nazionali con metodo democratico.

Infatti, l’associazione non riconosciuta è sempre stata la forma giuridica adottata dai partiti, perché non soggetta ai controlli governativi previsti dagli articoli 25 e seguenti del codice civile, poteri e funzioni che sarebbero quantomeno inopportuni considerata la funzione civile e sociale svolta dal partito politico in seno al consesso democratico e anche a livello istituzionale.

Ma la consolidata prassi del mancato esercizio da parte della P.A. (salvo rari casi) dei poteri di controllo sulle fondazioni, ma soprattutto ragioni di stabilità e incisività della governance, quindi di controllo sull’organizzazione politica, hanno favorito la nascita delle predette fondazioni di partito, che sono così divenute ulteriore ambito di operatività della politica nazionale, nonostante la disposizione costituzionale posta all’articolo 49 Cost..

Non pare, quindi, conforme al dettato costituzionale, l’utilizzo della forma fondazione per esercitare attività anche indirettamente politiche.

La proliferazione delle fondazioni “di partito” ha, inoltre, aggravato il fenomeno dell’allontanamento dei cittadini dalle scelte collettive e dalla politica nazionale, frapponendo ulteriori ostacoli alla partecipazione attiva dei singoli individui alla vita della comunità organizzata.

Tale partecipazione attiva è un diritto costituzionalmente garantito, che si esprime compiutamente all’interno della forma associativa partito e che, di regola, non è consentita nella fondazione.

La fondazione, infatti, generalmente non brilla per caratteristiche di democraticità della governance (rispetto all’associazione), in virtù dell’assenza di una base assembleare sovrana, della libertà di fissare regole di rinnovo delle cariche sociali non basate sull’elettività e sulla democraticità.

Infine, la fondazione, così come emerge dal diritto positivo, non appare lo strumento adatto allo svolgimento dell’attività politica a causa della tendenziale immutabilità degli scopi fissati nello statuto, scopi che in politica, invece, necessitano d’un costante adeguamento ai tempi e alla realtà sociale, in continua mutazione.

Abbiamo utilizzato il termine anglosassone governance, il cui significato va chiarito.

Negli studi di economia aziendale la governance è definita come l’insieme della configurazione e delle modalità di funzionamento degli organi di governo e di controllo delle aziende.

In conclusione del discorso sulle fondazioni e sui modelli di partecipazione dei cittadini alla vita politica nazionale, basti segnalare che negli Stati Uniti (paese democraticamente avanzato, ove le fondazioni possono perseguire una vastissima gamma di scopi, non solo di pubblica utilità) vige un divieto non espresso, ma sinora sempre rispettato, che discende dal dovere di neutralità dello Stato che impone i tributi: il divieto di utilizzare la forma fondazione per scopi politici


Ultima modifica Mercoledì 16 Settembre 2015 15:28