E’ ormai da tempo sotto i riflettori il fenomeno delle fondazioni “di partito”, ispirate o fondate da uomini di vertice dei partiti politici o delle loro correnti interne, e spesso da essi presiedute o dirette.
Dette fondazioni hanno, di regola, finalità culturali e di studio e possono essere destinatarie di provvidenze o finanziamenti pubblici, a vari livelli.
Ora, la forma giuridica dei partiti deve essere obbligatoriamente, in base a quanto prevede l’articolo 49 della Costituzione, quella dell’associazione: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
In particolare, secondo la dottrina, l’associazione non riconosciuta si presta, sin dall’origine, allo scopo indicato dalla norma costituzionale, che è quello di consentire ai cittadini di partecipare alle scelte politiche nazionali con metodo democratico.
Infatti, l’associazione non riconosciuta è sempre stata la forma giuridica adottata dai partiti, perché non soggetta ai controlli governativi previsti dagli articoli 25 e seguenti del codice civile, poteri e funzioni che sarebbero quantomeno inopportuni considerata la funzione civile e sociale svolta dal partito politico in seno al consesso democratico e anche a livello istituzionale.
Ma la consolidata prassi del mancato esercizio da parte della P.A. (salvo rari casi) dei poteri di controllo sulle fondazioni, ma soprattutto ragioni di stabilità e incisività della governance, quindi di controllo sull’organizzazione politica, hanno favorito la nascita delle predette fondazioni di partito, che sono così divenute ulteriore ambito di operatività della politica nazionale, nonostante la disposizione costituzionale posta all’articolo 49 Cost..
Non pare, quindi, conforme al dettato costituzionale, l’utilizzo della forma fondazione per esercitare attività anche indirettamente politiche.
La proliferazione delle fondazioni “di partito” ha, inoltre, aggravato il fenomeno dell’allontanamento dei cittadini dalle scelte collettive e dalla politica nazionale, frapponendo ulteriori ostacoli alla partecipazione attiva dei singoli individui alla vita della comunità organizzata.
Tale partecipazione attiva è un diritto costituzionalmente garantito, che si esprime compiutamente all’interno della forma associativa partito e che, di regola, non è consentita nella fondazione.
La fondazione, infatti, generalmente non brilla per caratteristiche di democraticità della governance (rispetto all’associazione), in virtù dell’assenza di una base assembleare sovrana, della libertà di fissare regole di rinnovo delle cariche sociali non basate sull’elettività e sulla democraticità.
Infine, la fondazione, così come emerge dal diritto positivo, non appare lo strumento adatto allo svolgimento dell’attività politica a causa della tendenziale immutabilità degli scopi fissati nello statuto, scopi che in politica, invece, necessitano d’un costante adeguamento ai tempi e alla realtà sociale, in continua mutazione.
Abbiamo utilizzato il termine anglosassone governance, il cui significato va chiarito.
Negli studi di economia aziendale la governance è definita come l’insieme della configurazione e delle modalità di funzionamento degli organi di governo e di controllo delle aziende.
In conclusione del discorso sulle fondazioni e sui modelli di partecipazione dei cittadini alla vita politica nazionale, basti segnalare che negli Stati Uniti (paese democraticamente avanzato, ove le fondazioni possono perseguire una vastissima gamma di scopi, non solo di pubblica utilità) vige un divieto non espresso, ma sinora sempre rispettato, che discende dal dovere di neutralità dello Stato che impone i tributi: il divieto di utilizzare la forma fondazione per scopi politici.
Lo Studio Legale APP di Milano, Avv.ti Ascone, Piacentini e Poltronieri, insieme all’Avv. Vincenzo Giarmoleo di Roma, esperto del settore non profit, in data 27 maggio 2011 hanno ottenuto dalla Prefettura di Milano il primo riconoscimento di fondazione ad esito del procedimento di trasformazione eterogenea da società di capitali (Srl) in ente non profit (fondazione) disciplinato dall’art. 2500 septies c.c.
La trasformazione eterogenea è stata disciplinata mediante novella del codice civile nel 2004 attraverso l’introduzione di una serie di norme (gli articoli 2500 e seguenti) che consentono il trasferimento di diritti e obblighi dell’ente trasformando all’ente risultante dalla trasformazione, mutando la forma giuridica da ente profit a ente non profit, o viceversa.
La complessità del procedimento di trasformazione ha reso necessario lo sviluppo di uno specifico know-how legale e contabile di cui lo studio APP e l’avv. Vincenzo Giarmoleo sono titolari esclusivi.
L'avv. Vincenzo Giarmoleo è stato relatore al Workshop sulla Responsabilità Sociale nella Pubblica Amministrazione, nella Sanità e nel Non Profit organizzato dalla LUISS Business School a Roma, il 29 settembre 2011. La relazione dell'avv. Giarmoleo ha avuto per oggetto il Bilancio Sociale nel Terzo settore: dalla definizione degli stakeholder alla formazione del bilancio sociale.